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La sindrome di Rett: la felicità è il regalo più grande per una madre

Gennaio 2012

Per Martine Gaudy e Danijela Vlajic la nascita delle loro bambine è stato uno degli eventi più felici della loro vita.

Martine & Agathe

“Agathe è nata quando avevo 43 anni, è stato il regalo più bello” racconta Martine. A  21 mesi, la salute di Agathe cominciò a peggiorare. “Il suo sviluppo era lento, ma era la mia prima figlia e non lo notai subito” spiega Martine. Agathe non rispondeva più quando veniva chiamata e per questo fu sottoposta a test dell’udito. Uno specialista le suggerì la riabilitazione. Martine non capiva come mai una bambina di due anni avesse bisogno di riabilitazione e temeva che la sua mancanza di esperienza fosse la causa di quei disturbi. In realtà, non c’era alcun problema con l’udito e così ebbe inizio una lunga e stressante serie di esami.

Era chiaro che ci fosse qualcosa di grave e come spiega Martine, “Agathe gridava tutto il giorno, sbatteva la testa sul pavimento, non dormiva e non si riusciva a calmarla. Era un inferno e non avevamo ancora una diagnosi”.

Danijela & EszterA Budapest, Danijela stava vivendo una situazione simile con sua figlia Eszter. A circa 20 mesi, Eszter cominciò a mostrare chiari segni di regressione. Sebbene avesse imparato a camminare, era pericolosamente instabile. Mostrava un comportamento autistico e sviluppava dei movimenti stereotipati delle mani. Come Agathe, anche Eszter fu sottoposta a diversi esami, ma non le era stata fatta ancora nessuna diagnosi.  

“Un giorno tornai dall’ospedale e dissi a mio marito che odiavo i medici e gli esami” racconta Danijela, “Volevo solo stare a casa con la mia bambina e non mi importava che cosa avesse. Fin da allora, ha pensato che fossi una madre paranoica e che il problema non era la bambina, bensì io”. Lui cercò su Google ‘movimenti stereotipati delle mani’ e come primo risultato comparve il nome della sindrome di Rett. “Non appena cominciammo a leggere, capimmo di aver trovato trovato la diagnosi per nostra figlia”.

La sindrome di Rett (RTT) è un grave disturbo dello sviluppo neurologico che colpisce nella maggior parte dei casi soggetti di sesso femminile.

Anche Martine trovò la diagnosi corretta per caso, su internet, quando Agathe aveva sei anni, così si iscrisse subito alla Association Francaise du Syndrome de Rett e fino a maggio 2011 ha fatto parte del consiglio di amministrazione, attualmente è segretaria di Rett Syndrome Europe.

Da allora ha abbandonato il suo lavoro professionale per dedicare tutte le sue energie all’associazione e al benessere di Agathe che frequenta una scuola per bambini con disabilità multiple. “Suo padre ed io ci siamo separati. Sono grata al sostegno che ho ricevuto dall’associazione, è importante per i genitori di bambini colpiti da malattie rare lavorare insieme per costruire un dialogo costruttivo con chi si prende cura dei nostri figli, con le istituzioni e con i politici”, spiega Martine.

A Budapest anche Danijela ha fatto delle scelte che le hanno cambiato la vita. Qualche settimana prima che a sua figlia Eszter fosse confermata la diagnosi di sindrome di Rett, Danijela scoprì di avere un tumore alla cistifellea e racconta “è stato allora che ho preso la decisione. Volevo esserci per Eszter e non volevo abbattermi. Dovevo essere felice e  godermi la mia bellissima bambina”.

Danijela si è impegnata con la fondazione ungherese Hungarian Rett Syndrome Foundation e nel 2009 è entrata a far parte del consiglio di amministrazione. “Non conoscevo nulla delle associazioni dei malati e della loro attività, né lo sapevano altri del consiglio di amministrazione”. Nonostante le sue difficoltà personali, compresa la morte di un figlio appena nato, Danijela ha accettato di diventare presidente e di salvare la fondazione. L’evento che più l’ha colpita e incoraggiata a portare avanti la sua battaglia  è stato il Campo estivo di EURORDIS  a Barcellona.

‘Sono diventata più forte e motivata, più concentrata sul presente e sulle cose che contano davvero, grazie ad Eszter. Ho fatto delle amicizie speciali ed inaspettate. Vorrei che il suo futuro fosse più luminoso, quindi il mio obiettivo principale è di incoraggiare la ricerca sulle terapie farmacologiche”, afferma Danijela.

Martine fa eco a questi sentimenti affermando che “abbiamo un dovere nei confronti dei nostri figli ed è quello di essere felici”.

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Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta nell’edizione di Febbraio 2012 della newsletter di EURORDIS
Autore: Irene Palko
Traduttrice: Roberta Ruotolo
Fotos: © Martine Gaudy / Danijela Vlajic